Fabio Bergamo - Scrittore etico

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Messaggio di apprezzamento: “Grande Fabio! Io dico che il tuo perseverare porterà dei frutti, spero al più presto, sia per te che lavori tanto, ma anche per tutti noi, che come te, stiamo dando l’anima per far sì che in questo paese si arrivi all'obiettivo di zero morti sulle strade. COMPLIMENTI ANCORA!”

Teresa Astone, Direttivo AIFV

La pena va inflitta in ragione della gravità del reato

Le ben note categorie di “omicidio colposo” e di “omicidio volontario” non sono ormai più sufficienti sul piano della legittimità giuridica, a garantire la giustizia per i crimini commessi sulle strade da conducenti alla guida sotto gli effetti di alcool e droga.

di Fabio Bergamo, scrittore etico

 

 

Tali riflessioni sono del 2008, (11 ottobre, a poche settimane dalla morte del giovane in Via dei Principati a Salerno);

la proposta di legge C 3274 della Camera dei Deputai relativamente alla modifica del codice penale sull’omicidio colposo (articoli 589, 590, 590 bis) è del 2010 (8 marzo) grazie all’interessamento dell’AIFVS;

l’AIFVS ancora nel 2011 (23 agosto) propone giustamente al Ministro Maroni il decreto legge sull’omicidio stradale.

Complimenti all’AIFVS per il suo sostegno e complimenti anche allo scrittore Fabio Bergamo per le sue legittime e puntuali intuizioni che hanno portato alla individuazione della nuova fattispecie di reato quale quello di “omicidio stradale” non ancora previsto dal Codice Penale italiano. 

Alla fine di dicembre 2013 il Ministro della Giustizia Cancellieri (Governo Letta) comunica che è Sua intenzione introdurrre il reato di omicidio stradale entro il mese di gennaio 2014 per la recrudescenza dei reati stradali che hanno ancora provocato vittime nell'ultimo periodo del 2013 (pirateria stradale, uso di alcool o droghe alla guida, ecc..).

Fabio Bergamo

Data: 11 ottobre 2008

La sentenza relativa al sinistro avvenuto a Salerno in Via dei Principati ancora una volta conferma l'iniquità del procedimento giudiziario ai fini della giustizia per i “crimini stradali”.

Infatti la pena inferta al reo avrebbe avuto lo stesso esito in termini procedurali e di  sentenza se l'autore del misfatto avesse ucciso un altro conducente alla guida investendo l’autoveicolo e non la sua diretta persona, quando invece in questo caso è stato a danno del pedone sul marciapiedi e la differenza non è per nulla minima o irrilevante.

Come ho già scritto in un mio documento (che riporto alla fine del presente elaborato) nel quale segnalavo i punti utili al raggiungimento della giustizia nel sinistro tra pedone e veicolo bisogna valutare la responsabilità personale del reo alla luce del principio della “sicurezza minima garantita” al soggetto debole (in quanto chi è alla guida oggi è dotato di diversi sistemi di sicurezza e questo naturalmente deve rendere più grave la responsabilità quando si uccide).

Se in un sinistro tra veicoli c'è la possibilità di commettere un omicidio colposo o volontario (per dolo eventuale) è cosa diversa provocare la morte del pedone che attraversa la strada e peggio ancora del pedone che transita sul marciapiedi (infatti la gravità è diversa nei tre casi possibili).

Le tre ipotesi di reato possibili dunque, in ordine alla gravità giuridica, sono:

1) sinistro mortale tra veicoli (gravità giuridica minima)

2) sinistro mortale tra pedone che attraversa la strada e veicolo (gravità giuridica media)

3) sinistro mortale tra pedone in transito sul marciapiedi e veicolo (gravità giuridica massima)

In base agli standard attuali relativi alla sicurezza preventiva, prima di arrivare alla sentenza definitiva per il colpevole bisogna garantire la sicurezza minima ai pedoni (come già accade per i veicoli che sono divisi nel senso di marcia dai noti guard-reil o barriere metalliche) e sulla base della sicurezza garantita statisticamente in base alla dinamica del sinistro ormai avvenuto, infliggere la pena al reo (in via dei principati infatti se ci fosse stata una auto parcheggiata il giovane investito non sarebbe morto ma avrebbe riportato solo lesioni lievi o nel caso peggiore, gravi, ma ripeto sarebbe ancora vivo e ciò sarebbe avvenuto anche se il marciapiedi fosse già dotato di protezioni come già per le piste ciclabili da barriere in legno-acciaio dotate dunque anche di effetto estetico).  

Il principio della responsabilità penale personale sancito dalla costituzione, nel caso della incidentalità stradale è garantito veramente se il rischio per gli utenti è lo stesso (rischio bilanciato) in caso di incidente (sicurezza minima garantita).
Da qui la responsabilità istituzionale della messa in sicurezza dei marciapiedi che sono le strade esclusive dei pedoni, da denunciare con la costituzione in parte civile delle vittime, dei testimoni o ancora da associazioni interessate al problema della sicurezza stradale, ecc...
Così, se la legge non ammette ignoranza in termini di responsabilità penale è a fortiori vero che la giustizia non può riconoscere sconfitte (si veda per esempio nel confronto tra condanne, l’importanza delle pene dei manager delle banche che negli Stati Uniti hanno portato alla disastrosa crisi finanziaria e alla bancarotta degli stessi istituti causando perdite per centinaia di milioni di dollari che hanno così indebolito fortemente l’economia reale basata sulla produzione/erogazione di beni e servizi per le imprese come per le famiglie).  

La sentenza dunque può considerarsi legittima solo se si è garantita la sicurezza minima ai pedoni in base agli standard attuali (attualmente invece la giustizia opera come in passato non considerando che lo scenario stradale è totalmente cambiato per numero, massa e prestazioni dei mezzi circolanti mentre il pedone è rimasto e rimane lo stesso). 

Il codice penale a questo punto non può fare di tutta l’erba un solo fascio (le armi da fuoco o le armi bianche per esempio ammazzano alla stessa maniera da sempre, le auto invece no in quanto la dinamica dell’incidente è soggetta a diversi parametri relativi sia al conducente, sia al veicolo e sia alla strada) e si può affermare che la sentenza relativa alla morte del pedone in via dei principati non è legittima perché non garantisce l’equità nel giudizio e solo in questa ultima condizione e cioè quando il giudizio sarà equo si potrà parlare di pena rieducativa-afflittiva (le cifre di sinistri in cui sono vittime i pedoni, in maniera incontrovertibile dimostrano infatti, che per la incidentalità stradale attuale la realtà non è migliorata, anzi è peggiorata, e ciò non fa ben sperare per l’avvenire e tale discorso vale anche per la pena di morte che la si riteneva educativamente esemplare per chi avesse intenzione di uccidere quando invece la funzione della pena capitale è un’altra che non sto qui a spiegare e che quindi garantisce la sua utilità mentre si sta facendo il possibile e anche l’impossibile per abolirla universalmente quando invece in alcuni eccezionali casi è legittima, si immagini i crimini politici contro l’umanità ricordando per esempio la fine del dittatore Saddam Hussein e sempre politicamente la corruzione e la frode quando tali illeciti sono così potenti da destabilizzare la democrazia o una intera economia portando la popolazione di una nazione sul lastrico, si ricordi per esempio, la vicenda della crisi dell’Argentina)).

Prima è, dunque, da ridurre al minimo la possibilità del reato (con gli standard attuali per la sicurezza minima per i pedoni) e poi si può parlare di pena rieducativa sperandosi tale per il giovane macchiatosi di “omicidio stradale”. 
In altri termini, garantita la sicurezza minima per il soggetto debole (teorica per la fattispecie del reato in esame già commesso o pratica con la messa in sicurezza dei marciapiedi per i sinistri che potranno, in avvenire, verificarsi) si potrà poi passare al giudizio e così alla giustizia.
La pena inferta di 8 anni e mezzo con rito abbreviato unita alla interdizione dai pubblici uffici va bene se il sinistro avviene tra veicoli e comunque, a mio parere modesto, andrebbe innalzata almeno a 10 anni senza la possibilità degli arresti domiciliari o della sospensione condizionale della pena.

Tutto cambia se il pedone viene ucciso mentre attraversa la strada; e cambia ancora di più se il pedone viene ucciso sul marciapiedi (in questi due casi siamo di fronte all’innalzamento medio a 15 anni e massimo a 20 anni, della pena e alla impossibilità per il caso più grave del ricorso al rito abbreviato con sconti di pena, ecc..  e ancora con la revoca della patente in entrambi i reati; e comunque nel tempo, ossia nell’arco di pochi anni a partire da questa realtà già oggi praticabile, le pene vanno allungate nella loro durata in funzione dello sviluppo e della consapevolezza della sicurezza stradale e naturalmente adottate in riferimento all’età sia del colpevole e sia delle vittime visto il processo naturale di allungamento della vita).

In conclusione sarebbe ora che per i crimini stradali (ormai da considerarsi a tutti gli effetti crimini contro l’umanità per il grande numero delle vittime che non accenna a diminuire a causa dei limitati controlli sulle strade e di una giustizia che per ora non può potersi dire tale per questo ignominioso crimine) venisse istituito un organo ad hoc costituito da giudici e periti tecnici per il raggiungimento della giustizia di fronte alle diverse possibilità dei sinistri che oggi non sono contemplate dal codice penale in quanto non c’è differenza tra “omicidio” e “omicidio stradale” essendoci invece la sterile differenza tra omicidio colposo e volontario che non garantisce giustizia perché non tutte le auto, non tutte le strade, non tutti i conducenti, non tutti i sinistri possono uccidere alla stessa maniera pur comunque uccidendo nei casi di incidente dunque mortale.

Per garantire la massima efficienza dell’organo istituito ad hoc per la giustizia e la sicurezza stradale denominato da me “Tribunale per la Giustizia Stradale” che ancora oggi stranamente non è istituito, (essendoci invece organi di controllo/repressione appunto come la Polizia Stradale facente capo al Ministero degli Interni) si dovrebbe partire dallo stabilire delle tabelle (tabelle di rischio) in grado di commisurare la giusta pena a carico del reo in base alla gravità del rischio e così del reato commesso in cui i parametri di riferimento sarebbero, a seconda dei casi specifici: il tipo di automobile o veicolo, (si immagini i SUV o Jeep da strada) le condizioni stradali (buona o cattiva manutenzione), le condizioni del conducente (che definiscono adesso la mera e sterile differenza tra omicidio colposo e volontario che è, in maniera illegittima, esclusivamente determinante per l’accusa come per la difesa in sede di processo per il giudizio), il tratto di strada con la sua pericolosità in cui si è verificato il sinistro (curva, incrocio, strettoia, galleria, autostrada, strada urbana, ecc..), il valore del superamento del limite di velocità, la dinamica del sinistro in base ai danni provocati a persone e cose (incidente frontale, incidente trasversale, ecc…), le condizioni climatiche, la sicurezza minima garantita in base agli standard relativi all’epoca/momento del sinistro per gli utenti deboli, la differenza di dispositivi di sicurezza installati tra le auto coinvolte nel sinistro, ecc...

In un contesto parametrico di tale grande portata sarebbero chiare e nette le responsabilità del conducente autore del sinistro mortale e le responsabilità istituzionali di tipo omissivo in relazione alla mancata messa in sicurezza del tratto stradale dove si è consumato il delitto e il compito degli avvocati come dei giudici si ridurrebbe al minimo evitando anche l’escamotage del rito abbreviato che annulla di 1/3 la pena attribuita al colpevole).
Insomma il processo col relativo giudizio sarebbe più tecnico che giudiziario e quindi più giuridico perché come tutti sanno, nel sinistro stradale ormai ciò che riduce la mortalità è proprio il progresso tecnico e tecnologico dei veicoli (al giorno d’oggi per la morte stradale non si può parlare di disgrazia come invece accadeva tanti anni fa quando per esempio la RC Auto non era ancora obbligatoria ed è da questo principio che bisogna stabilire nuove regole giuridiche per arrivare al giusto giudizio di colpevolezza del reo di omicidio stradale in sede di processo).      

In ultimo aggiungo, per chiarimento, che la differenza tra omicidio colposo e volontario è la seguente.

Per omicidio colposo si intende che il conducente abbia ucciso senza volerlo quindi per errore.

Per omicidio volontario si intende invece che il colpevole era intenzionato a farlo volontariamente ma per l’incidentalità stradale rimane da fare una importante precisazione in ordine a questo reato.

Nel caso di un “omicidio stradale” la situazione è un po’ diversa, in quanto il conducente sa che se si mette al volante, una volta che ha bevuto, può non essere in grado di guidare in sicurezza ammazzando così delle persone, in questo caso dunque si può parlare di omicidio volontario perché non sappiamo se chi ha bevuto lo ha fatto senza l’intenzione di mettersi in auto per uccidere, ed in più sappiamo che una persona potrebbe prima uccidere e poi, avendo una bottiglia di vino o bevanda alcolica in auto, berla appena prima dei controlli e quindi apparire brillo ed essere imputato per omicidio colposo e non volontario.

Nell’omicidio volontario (stradale e non) la prova della volontarietà è diretta sul colpevole, rimane sul colpevole (il colpevole volontario vuole uccidere, quindi possiamo parlare di omicidio volontario premeditato, la forma dell’azione è dunque: “Io uccido”).

Nell’omicidio stradale volontario con uso di alcool e droga la prova della volontarietà è diretta sulle vittime, passa dall’autore alla vittima del reato (il colpevole volontario sa che può uccidere ma non fa nulla per impedirlo evitando così di bere o di drogarsi prima di mettersi alla guida; la forma dell’azione è: “Mi uccide lui”).

Nell’omicidio volontario (stradale e non) il colpevole sa di uccidere nell’atto in cui compie il misfatto.
Nell’omicidio stradale volontario con uso di alcool e droga è la vittima a sapere di essere uccisa nell’atto in cui l’evento delittuoso avviene a suo danno, infatti l’uso di alcol o droga è da considerarsi una circostanza aggravante e non una attenuante dell’omicidio stradale .  

Chi beve o si droga alla guida è colpevole dunque di “omicidio stradale volontario non premeditato” che è comunque omicidio volontario e non colposo (il dolo eventuale, oggi utilizzato, non è ammissibile perché come ho detto la prova della volontarietà in questo caso ricade sulle vittime del reato, ossia il rischio di rimanere uccisi è più alto rispetto a quello di non esserlo in confronto all’omicidio stradale colposo dove il rischio di rimanere vittima è molto più basso; in altre parole è più facile essere ammazzati da un ubriaco o drogato che da un guidatore non esperto che sbagli per esempio manovre alla guida, o ancora per un guasto al veicolo, ecc.. e da qui l’accusa di “omicidio stradale volontario non premeditato” per chi ammazza da ubriaco o drogato e l’accusa di “omicidio stradale colposo” se ad ammazzare lo si fa per errore e quindi innocentemente perché non consapevoli del rischio relativo alla meccanica della guida o per dirla semplicemente per sbaglio durante la guida; a riguardo si tengano presenti le cifre dei primi controlli stradali delle forze dell’ordine con il droga test che hanno segnalato ben più del 43% di guidatori del campione testato, con un tasso alcolico nel sangue superiore a quello ammissibile per legge e che secondo ciò che vado affermando nel documento dovrebbe essere nullo cioè portato a zero stabilendo così il divieto assoluto di guida per chi ha bevuto o è drogato).

Sempre per essere chiari nell’omicidio stradale volontario premeditato la repressione può avvenire solo dopo il crimine.
Nell’omicidio stradale volontario non premeditato con uso di alcol e/o droga la repressione avviene prima con la politica della prevenzione (sicurezza minima garantita), infatti con tale minima garanzia sarà diverso uccidere con un SUV, un camion/autocarro o una auto utilitaria, ecc..    

(E se non fosse come poc’anzi ho affermato negli ultimi passaggi, ossia che è molto più facile essere uccisi da un ubriaco o drogato che da un inesperto alla guida, via dei principati sarebbe stata messa in sicurezza molti anni prima dell’omicidio di cui si tratta avvenuto pochi mesi fa e quando i controlli del droga test come dell’alcool test saranno sufficienti a garantire la sicurezza  minima di cui ho parlato e quando i marciapiedi saranno protetti da barriere guard-reil allora potremo passare dall’imputazione di omicidio colposo a quella di omicidio volontario non premeditato per uso di alcol e droga alla guida e sta dunque alle istituzioni affrettare i tempi adottando quanto prima gli interventi necessari sul piano tecnico e giuridico affinché la mortalità stradale specie quella pedonale si riduca sensibilmente fino al punto che nel corso del tempo potranno esservi solamente limitatissimi casi di omicidio colposo causati per errore di guida o ancora limitatissimi casi di omicidio volontario chiaramente premeditato (di natura delinquenziale), e nessuna pena sarà rieducativa per il reo fino a quando non sarà garantito per legge il “diritto alla sicurezza stradale” derivante da ciò che ho affermato in questo mio documento e fin quando ciò non sarà realizzato le istituzioni saranno imputabili di complicità omissiva). 

Dunque l’omicidio stradale colposo può verificarsi nei casi in cui, senza gli effetti di alcool o droghe, si è ucciso senza volerlo insomma per responsabilità non attribuibili personalmente al conducente e ciò può avvenire solo per guasto meccanico del veicolo, malore del conducente, eccesso di valutazione delle proprie capacità alla guida o di distrazione alla guida, inesperienza, errore alla guida.

Abbiamo, in conclusione, tre tipi di imputazione per il reato di omicidio commesso alla guida dei veicoli circolanti sulle strade, che sono:

  1. Omicidio stradale volontario premeditato
  2. Omicidio stradale volontario non premeditato  
  3. Omicidio stradale colposo

 All’atto del conseguimento dunque, della patente il neopatentato deve sottoscrivere un documento in duplice copia (una per sé da allegare alla patente e l’altra per il Tribunale della Giustizia Stradale) che lo vede intenzionato fin da subito ad assumersi le proprie responsabilità penali (in base alle tabelle di rischio citate) in caso di sinistro mortale per guida sotto gli effetti di alcool o droghe, in altre parole il giovanissimo patentato garantisce fin da subito che non sarà mai alla guida ubriaco o drogato.

In più la patente sarà corredata del foglio delle tabelle di rischio utili ad informare delle pene detentive relative alla responsabilità di sinistro mortale per guida sotto gli effetti di alcool e droghe.  

In relazione al mio scritto educativo “Fenomenologia del pedone” che trovate segnalato sul mio sito internet, la precedenza al pedone deve essere garantita sempre anche fuori delle strisce di attraversamento.

Confermo come già nel mio primo intervento che: “La violenza di chi disobbedisce segue sempre alla stupidità di chi governa”.   

Altre mie proposte per la educazione e la sicurezza stradale sono disponibili sul mio sito internet www.fabiobergamo.it

Fabio Bergamo, scrittore etico
Data: 11 ottobre 2008   

 

Quale giustizia per l’assurda morte di Via dei Principati a Salerno?
- le strisce sono blu ma il sangue è rosso

di Fabio Bergamo

La risposta viene da Fabio Bergamo, scrittore etico impegnato nella educazione stradale che in un suo scritto pubblicato sul suo sito internet www.fabiobergamo.it offre una soluzione coerente per il diritto alla sicurezza nei trasporti ove giustizia e sicurezza appunto non possono non coincidere.

Garantire il diritto alla sicurezza dei trasporti non è come garantire il diritto, ossia la legalità nel quadro dei diritti patrimoniali.

Nella sicurezza dei trasporti dove in gioco è la salvaguardia della vita delle persone vi sono più indirizzi interpretativi ai fini della legittimità del diritto medesimo.

Un conto è garantire la sicurezza tra veicoli a motore per i quali vi sono degli standard tecnici e giuridici a sua tutela, immaginiamo i dispositivi che oggi sono installati nei veicoli atti a garantire la sicurezza dei passeggeri e la stessa RC Auto per la responsabilità civile in caso di sinistro che lascia comunque forti dubbi sulla sua validità relativamente allo scopo per cui è stata adottata a suo tempo e ancora lo stesso concorso di colpa e gli stessi provvedimenti messi in campo in questi ultimi anni per ridurre l’incidentalità come la patente a punti.

Un altro conto è garantire il diritto alla sicurezza tra pedone e veicolo, specie quando il pedone rischia di essere o viene investito realmente sul marciapiedi, in quanto sede esclusiva del suo transito, come nel caso di Via dei Principati.

Il pedone (bambino o adulto) non è assicurato in quanto veicolo e quindi utente della strada, non ha una targa per la sua identificazione, in altri termini, non è soggetto detentore di diritto/responsabilità al pari differente degli altri veicoli in circolazione sulle strade (sembrerà strano ma per questo, la percezione della responsabilità nei suoi confronti da parte delle altre categorie di utenza è sicuramente svilita e le cifre degli incidenti a suo danno ben lo dimostrano, a riguardo si legga altresì il mio scritto dal titolo “Fenomenologia del pedone”); l’unico suo dovere infatti è preservare la propria incolumità quando si trova ad attraversare la strada anche nel caso abbia il diritto di farlo in virtù della precedenza sulle strisce pedonali zebrate, garantitagli in base alla norma del codice stradale.

A quel punto le responsabilità non solo, sono di chi ha commesso il reato ma anche di chi ha consentito implicitamente la possibilità stessa dell’evento delittuoso.

Di fronte ad un fatto del genere il provvedimento non deve essere solo punitivo per l’autore materiale del reato (cosa scontata per l’esercizio economico della giustizia) ma richiede un atto di sincera responsabilità di chi gestisce la res publica nel comparto della sicurezza stradale e dei trasporti in genere (legalità piena e assoluta del diritto, considerato anche che siamo tutti pedoni e non tutti conducenti).

Se l’Autorità Giudiziaria dispone della incriminazione del reo mettendolo agli arresti in attesa del giudizio, la stessa Autorità deve intervenire nei confronti della Pubblica Amministrazione, in questo caso il Comune di Salerno, con l’imposizione della immediata chiusura della strada, teatro dell’accadimento criminoso, non bastando di certo i rilievi di rito fatti dalle forze dell’ordine, la polizia municipale, all’atto dell’evento per la interpretazione della dinamica del sinistro (di fronte all’assassinio del pedone, in quanto soggetto debole della strada, cagionato da un soggetto forte cioè un veicolo a motore per giunta guidato, da un conducente sotto gli effetti inebrianti dell’alcool, aggravante questa del reato già dipersé grave per se stesso, infatti il sinistro sarebbe potuto accadere comunque per guasti meccanici o per malore del conducente, vista la mancata e omissiva messa in sicurezza del tratto stradale interessato dall’evento in fattispecie).

Fatta questa breve premessa passiamo a descrivere i punti che porterebbero e portano ad una legale giustizia per il fatto criminoso avvenuto a Salerno in Via dei Principati:

  1. chiusura al traffico di Via dei Principati;
  2. sospensione temporanea del giudizio del reo già agli arresti;
  3. messa in totale sicurezza della strada interessata;
  4. confronto e valutazione statistica del rischio di recidività dinamica/temporale di nuova incidentalità a messa in sicurezza avvenuta rispetto al grado di rischio al momento del sinistro mortale;
  5. pena del reo commisurata al futuro rischio possibile dello stesso sinistro per mano altrui;
  6. valutazione della responsabilità omissiva della classe politica dirigente a livello locale e nazionale per il comparto della sicurezza stradale;  
  7. processo del reo con giusta imputazione e dimissioni dei responsabili politici locali e nazionali;
  8. insediamento di una nuova classe politica locale/nazionale in materia di sicurezza stradale con immediata adozione di provvedimenti di prevenzione e di repressione della incidentalità mortale pedonale nei centri urbani; 
  9. nuovi parametri di giustizia per la incidentalità stradale nei centri urbani a danno dei soggetti deboli della strada uguale per l’intero territorio nazionale.

Alla luce delle considerazioni dello scrittore possiamo ben comprendere che la legalità del diritto alla sicurezza comporta per la sua validità/legittimità giuridica e non meramente giurisdizionale, una responsabilità morale da parte dell’amministrazione della giustizia come dell’amministrazione politica, infatti solo tale legalità garantisce fino in fondo l’equità stessa del diritto e dunque del giudizio che non può esimersi da una presa di coscienza basata sul senso del dovere di chi dovrà intervenire per garantire, nel quadro pieno dello ius, il diritto alla sicurezza che ha in quanto obiettivo ravvisabile come “principio nel suo fine e fine nel suo principio”, la salvaguardia della vita delle persone inserite in un contesto civile giuridicamente determinato, ossia basato sullo stato di diritto e dunque sulla piena legalità giuridica in cui la sicurezza è un “valore umano-intellettuale” e non un “bisogno animale-istintuale”. 

In attesa dunque del provvedimento giudiziario atto alla messa in sicurezza della strada di Via dei Principati, il Comune di Salerno potrà provvedere col personale della Polizia Municipale  a regolare il traffico su di essa deviando parte della sua mole su strade adiacenti così da rendere più fluido e sicuro e a velocità congrue, mediante lo spegnimento delle lampade semaforiche veicolari, queste ultime causa prima dell’alta velocità nei centri abitati in generale, il transito dei veicoli, e in determinati orari e giorni rendere isola pedonale il tratto stesso al fine di garantire una sensibile riduzione del rischio di incidentalità mortale, a danno dei pedoni, ancora presente in loco.  

“Se per le automobili le strisce sono blu, per il pedone il sangue è rosso”, ciò vuol dire che il primo e immediato intervento giuridico, per la messa in sicurezza dell’utenza vulnerabile della strada, che andava già fatto in funzione del ruolo politico assegnato a chi rappresenta l’amministrazione locale/nazionale, è munire di protezione i marciapiedi (le auto parcheggiate lungo di essi  occupano buona parte della carreggiata al punto da avere portato a ridurre molte strade da due ad una sola corsia di marcia, senso unico, e indirettamente fungono da protezione per chi li occupa, mentre le normali protezioni sottraggono poche decine di centimetri ad essa) e nelle strade a rischio più elevato come Via dei Principati è mettere in atto tutti quegli interventi per portare ad un livello sufficiente la sicurezza (adozione dei dispositivi di sicurezza e di controllo del traffico, vigilanza della polizia municipale, chiusura al traffico veicolare in alternativa, giornaliera ed oraria, ad una sua parziale deviazione).   

“La violenza di chi disobbedisce segue sempre alla stupidità di chi governa”. (F.B.)